mercoledì 28 settembre 2011

Bizzarria I

Ecco salire un coniglietto in metrò. E' una ragazza, ma sembra un coniglio, giuro. Le mancano le orecchie lunghe, e la coda e le lunghe zampe pelose sono sostituite da due anfibi floreali. Indossa un paio di occhiali esagonali, enormi, con brillanti. Ha un fidanzato, un compagno, un uomo attorno a cui avvinghia le sue braccia. Lui ha un anello con un enorme e finto turchese ed è pieno di tatuaggi: il braccio destro è un cielo pieno di palloncini. Le ombreggiature più che nuvole sembrano piaghe da decubito.

lunedì 26 settembre 2011

Casualità I

Stavi semplicemente camminando per andare a prendere il treno, un treno diverso dal mio, in un posto diverso dal mio. Ma in quella stazione, paradossalmente quasi vuota, perché ho visto passare proprio te? Roba che se la stazione fosse stata piena avrei avuto più probabilità di vedere un tuo sosia, ma non te.
Mi ricordi, e non so perché proprio tu, che dietro a tutto questo, in fondo, c'è ancora dell'umanità.

Rabbia I

Un ragazzo corre verso il vagone della metropolitana.
Quando gli è di fronte, il vagone è ormai chiuso da un pezzo, roba di un secondo e qualche centesimo di secondo.
La mano si fa a pugno e picchia il vetro dello sportello.
Il labiale sputa una bestemmia.

Ho sentito il rumore del tuo treno perso che partiva apatico, e me stesso, attratto da te.

Affetto I

Si libera un posto, e una bimbetta paffuta corre ad occuparlo.
Mi distraggo.
«vuole sedersi qui?»
Mi accorgo che due signore si sono rivolte la parola, poi si alzano e invertono i loro posti a sedere.
La bambina paffuta abbraccia la donna appena sedutasi al suo fianco, è sua madre. Le sue braccia non hanno alcuna intenzione di lasciare la presa e il viso della bimba dimostra quell'affetto disperato di quando la madre ci è strappata, anche per poco tempo. Gli occhi gridano "consolami". Non è successo niente, non sarebbe successo niente, cosa poteva succedere un lunedì mattina in metropolitana, con la madre a due posti di distanza da te? Ma tu le vuoi bene, le vuoi un gran bene, e vuoi dimostrarlo a tutti. Vuoi abbracciare la tua mamma di fronte ai pendolari inghiottiti da quei viscosi giornaletti gratuiti, e vuoi far finta, per un poco, che il mondo intorno a te faccia paura. E in fondo hai ragione: il mondo intorno a te fa davvero paura. Affonda finché puoi nell'odore del maglioncino di tua madre, copri con esso tutti i cattivi odori della città. Io so una cosa di te, bambina paffuta, so che sei consapevole che un giorno sarai grande, e non potrai più fare il gioco del brutto sogno. Ed è per questo che tutto quello che volevi questo lunedì mattina in metropolitana, era far sapere al mondo intero che se fosse successo qualcosa, tu avresti avuto la tua mamma, lì per te.

Sull'altro sedile la signora dai capelli color prugna continua a sorridere. Forse perché le hai fatto ricordare di quando anche lei giocava al gioco del brutto sogno solo per sentire il profumo dei vestiti di sua madre. Forse perché è riuscita a comunicare; ha fatto la sua buona azione; una volta tanto non è stata la signoraqualunque con lo sguardo perso sotto al sedile dirimpetto; una volta tanto è stata una persona.

Avrei voluto giocare anche io al gioco del brutto sogno, ci vorrei giocare anche io, ancora oggi, tante volte. E anche io sorrido quando mi accorgo di essere un individuo, e non un fuscello col peso sulla gamba destra, che aspira all'equilibrio.